Quanto ci fidiamo di un farmaco equivalente?
Solo 1 italiano su 4 sceglie un farmaco equivalente. I cittadini sono poco informati e di conseguenza poco propensi al loro utilizzo.
I farmaci generici equivalenti sono quei medicinali non più coperti da brevetto, che a differenza degli altri medicinali, vengono commercializzati direttamente utilizzando il nome del principio attivo che li costituisce.
Per evitare confusione, questi farmaci vengono classificati utilizzando la Denominazione Comune Internazionale – DCI – ovvero una contrazione del nome chimico, seguita dal nome dell’azienda farmaceutica che li produce. I medicinali generici possono essere sia da banco che prescrivibili, cioè acquistabili tramite ricetta. Il farmaco generico deve per legge avere le stesse caratteristiche del medicinale registrato.
Deve essere bioequivalente, cioè avere lo stesso principio attivo nella stessa quantità del farmaco “originale”, avere la stessa forma farmaceutica, stessa via di somministrazione e identiche indicazioni terapeutiche. La bioequivalenza attesta quindi che i due farmaci abbiano lo stesso comportamento terapeutico. L’unica importante differenza tra farmaci generici e originali risiede nel prezzo di vendita. Il medicinale generico permette notevoli risparmi sia ai cittadini che al Servizio Sanitario Nazionale.
La legge stabilisce infatti che, al momento della sua immissione in commercio, il farmaco generico debba avere un prezzo inferiore di almeno il 20% rispetto al farmaco specifico. Questo perchè il prezzo di un medicinale brevettato tiene conto dei costi sostenuti dall’azienda produttrice per scoprire e sintetizzare il nuovo principio attivo. L’azienda farmaceutica che brevetta il principio attivo ne acquisisce il diritto di commercializzarlo in esclusiva per un periodo di tempo sufficiente al recupero dei costi di investimento sostenuti.
Scaduto il brevetto sul principio attivo, possono essere venduti anche altri medicinali che lo contengono, prodotti da aziende differenti.